Un breve quanto preoccupato accenno alla situazione legale in Italia. Un accenno doveroso, perché pian piano lo stato, giustamente, sta pensando di regolamentare il web, finora terra di nessuno della comunicazione. Il punto è che se si cerca di regolamentare Internet con strumenti perfettamente democratici e votazioni assolutamente regolari, si va incontro a delle grandi difficoltà, tanto l’argomento è delicato. Quando, come in questo caso, una regola viene imposta perché rientra in quella strategia dell’innocenza a tutti i costi di un premier, si rischia di andare incontro ad una bufera.
IL FATTO: su La Repubblica di oggi l’articolo principale parla della legge sulle intercettazioni, che tra emendamenti e decreti è in fase di discussione nelle due camere. Accanto all’immagine del ministro Alfano che sussurra qualcosa all’orecchio di Berlusconi, si può leggere: ”E per i blog scatta l’obbligo di rettifica”. In poche parole, se io scrivo sul mio blog, che di per sé è un’estensione condivisa del mio pensiero che chi desidera legge a suo rischio e pericolo, che Pinco Pallino è un corrotto, e poi questi viene assolto dall’accusa, sono obbligato a pubblicare sul mio spazio personale una rettifica, entro un massimo di 48 ore, che abbia la stessa visibilità dell’opinione precedentemente espressa. Cito:
“Per i siti informatici compresi i giornali e i periodici diffusi per via telematica le rettifiche sono pubblicate entro 48 ore dalla richiesta con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.
La notizia è di questa mattina, quindi non si sono ancora registrate molte opinioni. La democratica Donatella Ferranti ha però dichiarato che ritiene questo “un ingiustificato ostacolo ai nuovi strumenti di comunicazione. Si rischia così di paralizzare il blog”.
Il web, come il web marketing, vive di impressioni, opinioni, giudizi. Che si parli di calcio o di politica, di commercio o di libri, su internet esiste un sistema di opinione auto-prodotto ed auto-nutrito, che rende un’opinione degna di fiducia in base ai feed che ha ricevuto, solo per fare un esempio. Per fortuna noi scriviamo prettamente informazioni inerenti il Search marketing e tutto il meraviglioso mondo della promozione sul web. Ma siamo indignati comunque.
Vorrei finire questo mio intervento con un esempio: Cercate su Wikipedia la voce “Filippo Facci”, un giornalista di Libero, il giornale di Vittorio Feltri. Guardate la pagina e capirete una volta per tutte cosa può diventare questa “legge bavaglio”.
So che sembrerà strano, ma io sono d’accordo, con tale regolamentazione.
Troppo facile che uno possa scrivere quello che vuole, senza poi il dovere di rettificare se la cosa risulta errata.
Andrea, se 10 persone sul proprio blog scrivessero che tu rubi, poi si scoprisse che non è vero e su quei dieci blog restasse la cosa com’era, non credo che a te piacerebbe. Il ridicolo sarebbe se a fronte della ricerca del tuo nome, venissero fuori proprio quei dieci blog, magari perché più importanti del tuo.
Libertà di pensiero non significa libertà di dire quello che si vuole indipendentemente dal verificare e dal correggere, se risulta sbagliato. Questa non è democrazia, è anarchia e l’anarchia è una cosa ben diversa.
Caro FradeFra, non voglio dilungarmi in discussioni sterili sul perchè la libertà di parola dovrebbe essere il dogma e il sacramento della moderna società civile. Mi limito ad un esempio. Se dieci persone dicessero che rubo, ce ne sarebbero probabilmente 100 che sosterrebbero il contrario. Il problema è chi, avendo la coda di paglia, cerca di zittire quei 10 perchè non ha nemmeno uno dietro che possa difenderlo (scenario politico docet). Ancora, se io bestemmiassi sul mio blog, avrei un calo di visite proporzionale alla sensibilità di chi mi ha visitato fino a quel momento, ma mi prenderei la responsabilità della mia scelta senza sentire il bisogno di un’autorità alle spalle che mi dica cosa posso e devo pensare. In poche parole, io sono per avere sul mio blog la stessa libertà che ho quando discuto al bar con un amico. Chiudo con una domanda: Se 1000 persone scrivessero che non hanno apprezzato il colore di un paio di scarpe di marca xyz, ed xyz facesse fare una perizia ad un cromatologo che dimostrasse che quei colori si armonizzano tra di loro, i 1000 blogger dovrebbero rettificare la loro opinione? Sarebbe giusto?
Andrea, però questa è finta democraticità, non vera.
Con questa logica, chi ha più soldi apre più blog e fa scrivere su più blog il proprio parere, negativo nei confronti di altri, e vince sempre.
Considerando che chi arriva ad un post legge e poi non va ad informarsi su come è finita una certa cosa, se molti blog riportano che tu sei stato indagato e nessuno poi ci aggiunge che la cosa è risultata negativa, sul web resta solo scritto che tu sei indagato.
Democraticità non significa poter fare quello che si vuole, altrimenti i miei figli a 10 anni dovrebbero essere liberi di non andare a scuola, i tuoi a 12 dovrebbero essere liberi di non farsi la doccia.
Democraticità vuol dire, invece, che tu devi essere libero di dire quello che vuoi, ma dimostrandolo, non solo riportando quello che dicono gli altri. Inoltre, devi essere responsabile di quello che dici e non solo dire “vabbè, io ve lo dico, poi fatti vostri”.
Opinione, eh? Senza nessuno spirito critico. Tanto alla fine in Italia ognuno fa quello che vuole e buonanotte ai discorsi accademici :p
Il problema non è solo il bavaglio ai blogger bensì il bavaglio all’informazione in generale. Il Quarto Potere in un Paese democratico è molto importante. La storia passata, ma anche recente, me lo ha insegnato.
Io ho appena aperto un blog sul calcio spero che il bavaglio non mi colpisca. cmq capisco bene che se si parla di certi argomenti il rischio di essere imbavagliati si pone. ciao