Il momento in cui mi sono chiesta come si fa a capire se un testo è SEO-oriented, ho commesso l’errore di prendere troppo sul serio le parole. Mi è stato chiesto di scrivere un testo in “logica SEO”. Cioè? Di cosa mi devo privare? Che ingredienti devo far combinare? Quante parole chiave inserire?
Mi spaventa la frase “è poco SEO”. Ma dietro Google c’è sentimento si o no?
La tendenza a dire tutto ha fatto sfuggire di mano il confine tra ciò che è interessante e ciò che non lo è.
Hai mai fatto caso a cosa ti crea più interesse? Siamo attenti ai contenuti quando qualcosa ci viene detto con sincerità, cosa affatto facile perché la disperata intenzione di volere essere interessante nel web e farsi trovare dai motori di ricerca, sta rischiando di soffocare un’innata e umana spontaneità, portandoci a scrivere con una lingua “aziendalese”.
Scrivo da più tempo per il cartaceo e non mi sono mai posta la necessità di inserire link o keywords per essere “SEO-intercettato”. Ora, invece, con questo – definiamolo problema, ma preferisco dire prospettiva – mi ci devo confrontare perché la maggior parte dei contenuti è finalizzata al web.
Ho una sola possibilità: adottare la modalità sincerità. Ti porto l’esempio di quando mi sono trovata a scrivere articoli di turismo relativi ai luoghi dove vivo. Da autoctona come potevo avere un punto di vista interessante? Vivendoci di cosa potevo interessarmi? Ho cambiato gli occhi. E la domanda su cosa scrivere e quali contenti realizzare sono andata a cercarla fuori, fra i turisti. Ho capito quante cose volevano sapere di una piccola realtà vacanziera, persino gli orari delle messe eucaristiche! Strano si, ma molto umano. Ho considerato questo il primo passo. E ho iniziato a chiedermi come scrivere un testo senza che apparisse scritto in modo noioso e didascalico, stile “guida” con testi lunghi di architettura. Mi piaceva molto il genere “Lonely Planet”, il racconto del viaggiatore, ma il mio problema era di non essere un viaggiatore, ma un abitante della città turistica. Ho ancora una volta cambiato gli occhi. Ho deciso di raccontare delle storie, emozionando con le immagini, lasciando parlare chi la vive dal basso come ad esempio l’artigiano.
E’ il potere dello storytelling. E funziona perché emoziona, genera un rapporto empatico tra il lettore e il testo. Non è con l’autore che si crea un contatto, ma col contenuto. Efficace se soprattutto è sincero. Anche l’algoritmo di Google è a caccia di sincerità. Un contenuto copiato, standard, comune, non crea emozioni, non genera condivisioni. Se non interessa la gente, perché dovrebbe interessare Google. Ma dietro Google ci siamo noi. C’è il lettore più distratto, quello che devi far saltare dalla sedia con un titolo accattivante, un contenuto emozionante.
Concludo dandoti piccoli suggerimenti che a mio avviso possono darti un punto di partenza per creare un contenuto interessante e magari SEO-oriented:
- Poniti delle domande su un argomento (riferendomi all’articolo turistico pensa a cosa puoi chiedere ad un turista?);
- Rivolgi le domande direttamente a chi può avere bisogno di risposte (quindi al turista);
- Verifica dove c’è un gap di informazioni;
- Fornisci le risposte, scrivendole in modo chiaro, “senza la smania di dimostrare” (come direbbe Gaber) ma trasmettendole con sincerità, raccontandole come faresti ad un amico, in una sola parola accompagnandolo.
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