Da Seoul una disarmante delibera inerente le caratteristiche dei nomi dominio
Nella notte di giovedì 29 ottobre, nella capitale della Corea del Sud, l’ICANN, acronimo di “Internet corporation for assignment name and numbers”, ha sconcertato la platea di utenti della rete con una delibera di straordinaria portata mediatica. Da oggi i nomi dei domini potranno essere redatti in tutti i principali alfabeti del mondo, non più solo quello latino. In poche parole la metà degli utenti della rete, stimata in un miliardo e seicento milioni di persone, sarà libera di acquistare un dominio ed assegnarvi un nome nei caratteri della propria lingua madre. Non a caso una delle nazioni che attraverso i propri delegati ha spinto maggiormante per l’approvazione della delibera è la Cina, che ospita sul suo territorio circa un quarto della totalità dei navigatori. E la stima è in crescita.
Ma come funzionerà il tutto? Semplice:il cambiamento può avvenire grazie a un sistema di traduzione che consente a differenti alfabeti di essere convertiti nel giusto indirizzo, che peraltro di fatto tutti i computer mutano, senza che noi ce ne rendiamo conto, in una sequenza numerica: quest’ultima in universali numeri arabi. I governi, o gli organismi da loro incaricati, potranno avanzare le richieste dal 16 di novembre, consentendo di utilizzare le nuove pagine già con l’avvento del nuovo anno. Proprio nel 2010 avranno infatti fine le sperimentazioni tecniche iniziate peraltro già dal 2008. Inizialmente ci saranno alcune restrizioni tecniche. I singoli paesi potranno richiedere un solo suffisso per le loro lingue ufficiali e il suffisso dovrà in qualche modo rispecchiare la denominazione del paese stesso. Ancora, per qualche anno non si consentiranno versioni non latine dei suffissi .com e .org fino a quando l’Icann non deciderà questioni di carattere generale. Come stabilire se un operatore di un dominio .com possa avere automaticamente la sua versione in lingua cinese o se, come richiede il governo di Pechino, questo aspetto sia di competenza cinese. Gli sviluppatori di software, infine, dovranno accertarsi che le loro applicazioni funzionino anche con caratteri diversi da quelli latini. I principali browser per navigare su internet, ad esempio, già lo fanno ma alcuni programmi di posta elettronica no.
Ed ora veniamo alle implicazioni commerciali. Non c’è che aspettarsi una folle corsa a proporre domini multilingua alle aziende da parte delle agenzie di comunicazione. Ad esempio una piccola azienda con sede in Italia ed interessi in altre nazioni del mediterraneo probabilmente inizierà a prendere in considerazione come media-partner solo chi è in grado di offrire domini multilingua. Paradossalmente questa innovazione che può sembrare ad un primo occhio glocalista, potrebbe stringere l’occhio ad un’interpretazione della rete come iperglobalista ad ampio spettro.
Che ne pensate?
Penso che se parliamo di Globalità, non possiamo sempre intenderla come Globalità Occidentale.
Giusta decisione, anche se darà qualche problema all’inizio.
Personalmente non sono d’accordo con questa innovazione.
Internet è l’arena della libera espressione per eccellenza, ma (probabilmente senza accorgercene) tutti noi ci adeguiamo quotidianamente ai suoi linguaggi; com’è comprensibile che sia, visto che si tratta di un media che coinvolge attivamente tutto il mondo.
Abbiamo interiorizzato abbreviazioni, emoticon, linguaggi informatici, e soprattutto tutti abbiamo familiarizzato con l’inglese, anche chi non l’ha mai studiato a scuola.
E’ proprio grazie ad un continuo adattamento, da parte di tutti, che tramite internet è possibile comunicare efficacemente con persone di altre lingue ed altre culture.
Gli effetti di un’innovazione del genere sarebbero, secondo me, tutt’altro che glocal, anzi creerebbero solo intoppi nella comunicazione tra culture molto diverse.
Senza considerare, come dice Andrea, la grande e compulsiva “caccia al dominio” che si verrebbe inevitabilmente a scatenare.
Già, ma perché gli orientali devo abituarsi a noi, visto che in realtà loro sono la maggioranza (relativa)?
In fondo, ormai tre quarti di tutti i prodotti sono realizzati da loro, quindi potrebbero a buon diritto dire a noi di usare i loro simboli :p
Ovviamente noi ci rifiuteremmo e invocheremmo la maggior importanza della nostra società/industrialità… ma in fondo, i cinesi e gli indiani scrivevano quando noi ancora facevamo i grafiti nelle grotte…