Negli ultimi mesi ho partecipato a due corsi differenti di cui uno destinato alla creazione di contenuti strategici per il web e l’altro alla vendita creativa di viaggi ai nuovi clienti iperconnessi. Entrambi consigliavano lo stesso strato di malta per iniziare l’approccio alla vendita chiamato storytelling. Che tu sia davanti ad un foglio a scrivere un testo per una landing page o che tu debba vendere una crociera, il monito è lo stesso: racconta un’emozione perché siamo tutti consumatori di storie.
Come stendere questo strato sui social network dove invece occorre condensare tutto in poche parole, nei 140 caratteri di twitter o su 3 righe di un post di facebook? Essere brevi e interessanti non è semplice, è vero. Ma spremendo il pensiero forse si può avere un buon concentrato.
Io inizierei facendomi questa prima domanda: quando la storia mi può interessare?
Mi sono risposta quando genera familiarità, quando sento che mi appartiene, quando la storia del prodotto, del servizio o dell’esperienza che mi viene raccontata mi emoziona al punto da stimolare la mia immaginazione trasformandola in voglia di acquistare o di saperne di più. Ti faccio un esempio non di vendita di un prodotto, ma di una denuncia ambientale che in passato dovevo raccontare ad un gruppo di bambini (il target migliore su cui esercitarsi per spremere il pensiero e dire un qualcosa con parole semplici). Avevo il compito di spiegare perché troppe antenne e onde elettromagnetiche concentrate su un solo traliccio erano dannose e cancerogene per coloro che avevano l’abitazione a due passi da lì. Sicuramente non avrei catturato mai la loro attenzione con leggi sull’inquinamento elettromagnetico o sui diritti vantati dai cittadini sottoposti a tale ‘avvelenamento’, ma potevo partire da una storia e guadagnarmeli in breve tempo.
Così raccontai la storia – vera – dell’uomo col megafono che abitava vicino a quel traliccio.
Lui era un signore amante della bicicletta e spesso a capo di un team di cicloamatori con cui organizzava circuiti ciclistici. Durante una gara decise di munirsi di un megafono per far sentire meglio la sua voce prima della partenza. L’incredibile avvenne quando con il megafono rientrò a casa sua. Non era accesa nessuna radio, nessuna tv, nessun computer eppure si sentivano voci radiofoniche. Non passò molto tempo dal capire che quelle voci provenivano dal suo megafono e che quella casa era inondata esageratamente da onde elettromagnetiche che alla sua salute certamente non facevano del bene. L’uomo col megafono può diventare un’icona per veicolare un messaggio contro l’inquinamento da onde elettromagnetiche e sicuramente se vendessi il prodotto “Antenna” odierei chi racconta storie come queste perché prepotentemente efficaci. Quello che ho cercato di fare è stato, tuttavia, immergere i ragazzi in una storia, lasciare che si identificassero per poi lentamente distaccarli dalla storia e farli ritornare al concetto di partenza.
Tutto sta nell’ATTACCO.
Bene fin qui. Ma ecco la seconda domanda: se ho trovato la storia interessante da raccontare come la condenso in un post di facebook o in un tweet? Come faccio a stendere la malta dello storytelling? (e non mi riferisco alla storia che ora ho raccontato, ma ad un prodotto qualsiasi). La risposta è: con un incipit interessante, da “articolo di inchiesta”. Cito Pietro Coletta, docente del corso in content marketing svoltosi a Bari lo scorso marzo e che mi ha aiutato nelle conclusioni di questo articolo, quando dico che se vuoi condensare lo storytelling in poche righe su Fb e Twitter e hai già la storia interessante, devi rendere tale anche l’incipit.
Nel gergo giornalistico lo definiamo l’attacco! Se vuoi che il lettore del bar non si fermi solo ai titoli e alle immagini, ma legga il tuo articolo, scrivi un buon attacco. La stessa cosa va fatta nel social media marketing.
Tutti sappiamo che sempre di più i contenuti di Fb e di Twitter si perdono nel mare magnum del newsfeed e se le persone che vogliamo raggiungere sono fans di miriadi di pagine, l’impresa si fa ardua. Quindi se il loro ciclo di vita è brevissimo e la tua ansia da visualizzazioni e condivisioni cresce, rassegnati a questa constatazione: usa i social network non come contenitori dei tuoi contenuti, ma come base di partenza e di promozione del tuo contenuto, attaccali favorevolmente con un incipit che possa portare un traffico interessato al tuo post sul tuo blog.
Non è un’impresa semplice fare un buon storytelling, ma anche la Tv ci sta provando riportando il Carosello nel piccolo schermo. Operazione geniale? Si…se solo riuscissero a farlo per bene, ma non mi sembra questo il caso.
Pallera direbbe che la storia funziona quanto più è in grado di risuonare in termini catartici con il pubblico cui è riferita.
Non si tratterebbe in sostanza solo di far sentire l’utente nel proprio mondo valoriale di appartenenza attraverso forme di narrazione, ma di intercettarne tensioni specifiche traducendole in narrazioni. E tutto riportato nel modello CREATE.
Ciao @Ettore avevo visto e condiviso su twitter questo video alcuni giorni fa commentandolo come una bella storia pubblicitaria di un biscottificio. Ottimo cortometraggio e soffermandomi sui titoli di coda ho notato che la regia è a cura di Pippo Mezzapesa che è davvero un talento! Complimenti!
@Francesco felice che tu abbia citato Mirko Pallera. Il suo libro “Create!” è una fonte di ispirazione continua. Bello da leggere e c’è la malta dello storytelling quando dice: “…quello che conta sarà l’onestà con la quale le aziende potranno approcciare le persone coinvolgendole emozionalmente in maniera autentica e profonda”.
Bel post ben raccontato.
Se sono arrivato sino alla fine vuol dire che mi ha coinvolto…
Non è facile raccontare ma è l’unica strada possibile per distinguersi!
Leo
Grazie Leo, tanto più lo storytelling è coinvolgente, quanto più quello che si racconta si fonda su verità 🙂